Da Piacenza a Dresda, un viaggio attraverso i secoli
È il 1512 quando l’urbinate Raffaello Sanzio realizza la Madonna Sistina (puoi trovare un interessante approfondimento sull’argomento in questo libro). L’opera, commissionata dal mecenate Papa Giulio II, è destinata all’altare maggiore della chiesa del monastero benedettino di San Sisto e Santa Barbara di Piacenza.
La Madonna Sistina, donata dal pontefice ai monaci del monastero, è concepita come un omaggio a Papa Sisto IV e alla città di Piacenza per ringraziarla del sostegno fornito al papato durante le guerre contro i francesi. L’ultima guerra, vittoriosa, risale al 1512: lo stesso anno in cui Raffaello inizia a lavorare all’opera.
Il dipinto introduce lo spettatore nella scena attraverso un drappo verde che, aprendosi come una quinta teatrale, mostra la Vergine con il Bambino, i Santi e due angeli. Maria, delicata e leggiadra, sorregge il piccolo Gesù. Entrambi rivolgono il loro sguardo fuori dalla tela.
Questo scambio di sguardi unisce lo spettatore e i personaggi dell’opera creando tra loro un legame profondo. Ai lati della Madonna si trovano San Sisto (sul cui volto sembra riflettersi l’immagine di Papa Sisto IV) che indica lo spettatore e osserva Maria, e Santa Barbara che guarda verso l’esterno della tela.
Questi gesti, come nel caso dello sguardo di Maria e di Gesù, evidenziano la volontà di Raffaello di creare una relazione tra l’interno e l’esterno del dipinto.
In basso al centro, appoggiati a un parapetto, due angioletti pensierosi volgono lo sguardo verso l’alto, a sinistra ai piedi di San Sisto, la tiara papale, poggiata sulla balaustra lignea in segno di rispetto verso la Vergine.
Osservando più attentamente l’opera si nota che essa è composta tramite la sovrapposizione e l’intersecazione di figure geometriche: cerchi, esagoni, triangoli. Maria e Gesù sono ascrivibili all’interno di un triangolo. Al vertice vi è la testa della Madonna così come i gomiti dei due santi insieme al piede di Gesù vanno a formare una seconda piramide.
Dal punto di vista coloristico, Raffello utilizza toni intensi e di forte impatto visivo. I colori sono velati da una luce calda e sono stesi in modo tale da dare il senso delvolume alle anatomie di tutti i soggetti presenti nella tela.
La Madonna Sistina: la sua storia travagliata e avvincente
Tutto ha inizio a metà Settecento quando i monaci del monastero piacentino, sommersi dai debiti, decidono di vendere la tela al principe elettore Augusto III di Sassonia. Quest’ultimo, salito al trono in seguito alla morte del padre Augusto II di Sassonia, si dedica alla costituzione di una raccolta di arte rinascimentale.
Suo braccio destro in questa impresa è il pittore e storico dell’arte padovano Pietro Maria Guarienti molto legato all’ambiente bolognese. Grazie allo stretto rapporto con Giovanni Battista Bianconi, direttore del museo dell’Università di Bologna e canonico della parrocchia di Santa Maria della Mascarella, riesce ad acquistare, poco prima di morire, la Madonna Sistina.
Le trattative, condotte dal Bianconi, durano circa un anno e, il 30 Marzo del 1753, la tela diventa ufficialmente proprietà di Augusto III. Ad accompagnare l’opera da Piacenza a Dresda è il successore di Guarienti, Carlo Cesare Giovannini.
Dopo circa nove giorni di viaggio la tela giunge a destinazione e subito suscita l’ammirazione di chi ha il privilegio di osservarla da vicino. Sono moltissimi i filosofi, i poeti, che giungono a Dresda per ammirare il capolavoro piacentino che diventa, da questo momento, quasi una meta di pellegrinaggio. Ma il dipinto non conosce riposo.
E’ il primo Settembre del 1939, la Germania dichiara guerra alla Polonia, scoppia la Seconda Guerra Mondiale. L’11 Settembre, la Madonna Sistina fu spostata dalla Semper Galerie di Dresda e sistemata, preventivamente, in uno scantinato sotto lo Zwinger.
Il 6 Novembre si decide di spostare nuovamente il capolavoro di Raffaello, questa volta in un luogo più sicuro, la fortezza Albrecth a Meissen. Ma il viaggio della tela non termina qui.
La fortezza era inadeguata a dare rifugio alla Madonna Sistina e alle altre opere che lì sono state spostate durante i primi anni del conflitto. Nel 1943 si decide di trasferire tutto in un tunnel ferroviario situato tra i monti della Sassonia.
Pochi giorni dopo il trasferimento delle opere nel nuovo rifugio, Dresda viene rasa al suolo dai bombardamenti. Nel 1945 i tedeschi cedono di fronte agli attacchi dei sovietici. Questi dopo aver scoperto l’esistenza del tunnel, si impadroniscono delle opere d’arte che vi contiene e, su ordine di Stalin, le portano in Russia dove vengono sistemate nei depositi del museo Puskin di Mosca.
Per anni Dresda si interroga sulla fine delle opere scomparse, si sospetta che esse siano state trafugate dai sovietici ma questi negano fino al 1955 quando ammettono di avere, nei sotterranei del museo moscovita, le opere della Galleria di Dresda.
Per giustificare l’oblio delle opere, e in modo particolare quello dell’opera raffaellesca, i russi dicono di aver compiuto un salvataggio. Dopo il conflitto le opere, in pessime condizioni, sono state portate in Russia e sottoposte urgentemente a un lunghissimo restauro.
E’ solo nel 1956 che le opere trafugate possono tornare a Dresda, nella Gemäldegalerie, dove si trovano ancora oggi.
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