giovedì, Settembre 12, 2024
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Il gatto e l’arte

Tra le pieghe del tempo: la raffigurazione del gatto attraverso i secoli

Ho adottato un gatto. Un gatto rosso con grandi macchie bianche. Mai nella vita ne avevo avuto uno, né avrei pensato di possederne ed è un’esperienza davvero speciale.

Osservo questo micio muoversi per casa, e provo piano piano a conoscerlo a capire le sue abitudini, a creare con lui una relazione. I gatti sono leggeri, amano guardare le cose dall’alto e ti si acciambellano addosso, in silenzio. Sono certa che imparerò qualcosa di lui, della sua natura magica ma soprattutto qualcosa di me, che non ho mai saputo.

Mi occupo di arte e la amo da sempre. La storia dell’arte è il racconto del cammino dell’uomo scritto per immagini, è la storia delle sue passioni, del pensiero collettivo o più intimo, vista attraverso lo sguardo e l’esperienza dei sensi.

Partendo da questa piccola ma grande esperienza privata e pensando al mio lavoro ho fatto una piccola ricerca per immagini: il gatto è sempre stato un animale letteralmente adorato dagli artisti (anche Depero ne aveva uno, puoi trovare la sua storia qui), una vera e propria musa ispiratrice ed è da sempre un soggetto privilegiato, ritratto nei modi e negli stili più vari, che ne svelano il carattere molteplice e i suoi atteggiamenti delicati e regali e che al tempo stesso ci racconta del mondo intimo degli artisti e dei loro peculiari linguaggi.

Henri Matisse con il suo gatto

Molti sono gli artisti, nel Novecento, che hanno voluto farsi ritrarre con il loro amato gatto, la loro ispirazione, l’amico discreto che gironzola nello studio fra pennelli e colori: oltre al grande Matisse, ci sono Gustav Klimt e poi Dalì e ovviamente, Pablo Picasso.

Proviamo a fare allora questo breve viaggio (in questo preciso istante sto sperimentando per la prima volta il gatto sulla tastiera del computer, che digita con il suo passo felpato lettere a caso, gelosia?…), sperando soprattutto di divertirvi come mi sono divertita io, sulle tracce dei “gatti d’artista”.

Ma veniamo alle rappresentazioni del gatto nell’arte. Le prime immagini del gatto, specialmente nero, risalgono all’antico regno degli egizi. Qui il gatto era venerato come una divinità, come una sorta di tramite tra il mondo soprannaturale e il mondo reale ed assumeva nomi bellissimi come Bastet o Sekhmet, la dea-gatto, figlia di Iside ed Osiride.

Anche tra i romani il gatto era un animale molto amato, come piacevole compagnia ma soprattutto per difendere le case e le cucine: eccolo ritratto come predatore giocoso in un’immagine molto realistica del famosissimo mosaico ritrovato a Pompei nella Casa del Fauno e conservato a Napoli.

Mosaico, La casa del Fauno, Pompei

E nel Medioevo? È proprio in questi secoli che nasce l’immaginario collettivo influenzato della cultura cristiana, del gatto come creatura notturna, legata ad un senso oscuro del sacro, alle streghe e in qualche modo al potere femminile e per estensione alle donne, che vengono da qui viste come creature peccatrici e demoniache, capaci di sortilegi e magia.

Il gatto però per una strana fascinazione si continua a ritrarre, assumendo una forte valenza simbolica: nel dipinto di Antonello da Messina il gatto è opposto all’immagine del leone come segno di mansuetudine e tranquillità.

Persino nelle tele a soggetto religioso del periodo barocco compare il gatto!

Madonna della gatta, Federico Barocci, 1598

L’iconografia del “gatto d’artista”, passa attraverso i secoli e nell’800 è spesso ritratto con giovani fanciulle o ragazzetti.

Ma è il ‘900 il grande secolo del gatto. Simbolo di calore e intimità, gli artisti amano molto ritrarlo nei pomeriggi mediterranei inondati di sole come il protagonista assoluto di scene di interni, languide presenze fra divani e cuscini. Famosissimi i gatti di Matisse e di Franz Marc, resi con i toni accesi dell’espressionismo.

Gatto su cuscino giallo, Franz Marc, 1912

L’artista Frida Kahlo, con la quale voglio chiudere questo breve e velocissimo viaggio (quante altre opere con protagonista il gatto ci sono! Potete divertirvi a cercarle) nel mondo dei gatti protagonisti dell’arte, ritrae il gatto, il suo gatto, di nuovo come simbolo di femminilità selvaggia e come presenza magica.

Autoritratto con collana di spine, Frida Kahlo, 1940

L’artista, è al centro, immersa nella vegetazione lussureggiante ed esotica del suo Messico, guarda dritto davanti a noi, con sguardo fiero, mostrando una collana di rovi che le ferisce il collo, la tenerezza e la fierezza sono la piccola scimmia e naturalmente, il gatto. (Qui un articolo dedicato all’artista messicana)

Beatrice Salvatore
Beatrice Salvatore
È critico d’arte e curatore indipendente. Porta avanti un'idea di "curatore", come mediatore sociale tra artista, opere e fruitore, promuovendo l'importanza e la necessità dell'arte come dispositivo di crescita e cambiamento. Si occupa di ricerca e scrittura su temi artistici e antropologici che presenta anche in conferenze e seminari. Si è occupata di didattica dell'Arte e delle possibili relazioni tra le arti visive e il sociale. È un Counselor ad orientamento Gestaltico. Ha collaborato come corrispondente e redattrice con la rivista di arte contemporanea Tema Celeste e collabora con la rivista Espoarte. Dal 2003 al 2008 ha collaborato alla realizzazione delle mostre "Le Opere e i Giorni" e "Fresco Bosco", a cura di Achille Bonito Oliva. Ha curato progetti e diverse mostre di cui ha scritto i testi critici in catalogo e ha inoltre recentemente pubblicato sul tema della violenza di genere "La scena rovesciata". Il racconto della violenza (e del dolore) nell'arte femminile (come restituzione del Sé) e l’articolo dal titolo "L’arte è Trans" sul rapporto tra arte e genere, per la rivista scientifica “La camera blu”. Per l'Università di Salerno, ha pubblicato il saggio "Frammenti di arte contemporanea: dal corpo erotico al corpo post-umano", apparso nel volume “Il corpo e il suo doppio” a cura di Maria Rosaria Pelizzari, edito da Rubbettino. Ha vissuto a Londra, Milano e Napoli.

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